Prima di parlare della chiesa di S. Giovanni, soffermiamoci, sia pur brevemente, nella placida terra di Portese che dista dal capoluogo circa un chilometro. Questo piccolo borgo era un tempo paese di pescatori “… che alle onde del Benaco affidava i più robusti suoi figli”. Infatti, fino a qualche decennio fa, la maggior parte della popolazione di Portese traeva il proprio sostentamento dall’esercizio della pesca, a differenza di San Felice la cui economia era tradizionalmente basata sull’agricoltura. Nell’antichità e nel Medioevo le vicende storiche di Portese furono legate a quelle di San Felice, fino alla distruzione di Scovolo (1279), quando nel borgo lacustre fu eretto un castello e si costituì la comunità di Portese e di Trevignane. Per quanto riguarda l’ambito amministrativo, i centri di San Felice e di Portese furono riuniti in epoca napoleonica, successivamente divisi, e quindi definitivamente unificati nel 19272. Etimologicamente il toponimo viene fatto derivare da “portensis”, aggettivo di Portus. Da alcuni viene definito porto della Valtenesi, “Valle Ateniese”, porto ateniese, da cui Portese; ma sono solamente ipotesi, poiché mancano epigrafi e testimonianze di quel remoto passato.
 

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Castello di Portese

In fondo all’attuale via Costanzo Ciano di Portese sorgeva anticamente un castello eretto nell’alto medioevo con la funzione di ricettacolo a difesa dalle scorrerie dei barbari. Dell’antico edificio oggi rimane soltanto un mozzicone di una torre circolare. A sinistra rispetto all’entrata aveva sede la Biblioteca comunale istituita nel 1973 (che, dal 2009, risiede in via Chiusure presso l’ex-scuola elementare); sulla destra si trova il centro di raduno del Gruppo Alpini di Portese, utilizzato anche come luogo d’incontro degli anziani della frazione. Consultando gli archivi, scopriamo notizie relative al castello di Portese nel catasto del 1656 della Magnifica Comunità della Riviera, laddove l’edificio è descritto come “murato, coppato e solido”, evidenziando come al suo interno fosse solito radunarsi il Consiglio.

Porto di Portese

La caratteristica posizione della piccola baia del porto, oltre ad essere un luogo di ritrovo per i pescatori, anche nel passato costituì un richiamo per il forestiero.

Nel 1810 la baia necessitava di un porto più adeguato alle esigenze della popolazione di Portese e dei visitatori; fu così incaricato l’architetto civile Carlo Rubelli di San Felice ad effettuare un sopralluogo ed a redigere un preventivo di spesa.
 

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La pesca

L’attività economica più tradizionale ed importante praticata a Portese fu, fino a pochi decenni fa, la pesca. Per noi contemporanei è interessante esaminare i documenti relativi alle frequenti liti tra pescatori locali e forestieri, i quali si contendevano acque più pescose.

Nel 1491 la comunità di Verona pubblicò dei capitoli per disciplinare la pesca, ma gli abitanti della Riviera li giudicarono scarsamente efficaci.

Tra i protestatari troviamo un certo Petri de Portese, il quale, a quanto pare, disapprovava la presenza di pescatori veronesi nelle nostre acque territoriali. Per attenuare una situazione che andava rendendosi pericolosa la Serenissima Repubblica Veneta riprese in considerazione le antiche consuetudini ed, emanando statuti e privilegi, riuscì ad acquietare i pescatori del Benaco. A Venezia governava il Doge Francesco Foscari, al quale si rivolsero i pescatori di Portese “supplicatione fidelis comunis nostri portesi riperia Brixien lacus garda…”.

 

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Verso la fine del Medioevo i fedeli di Portese avevano come luogo di culto un’antica chiesetta a capanna e ad aula unica, dedicata alla nascita di S. Giovanni Battista. Nel 1459 i ministri del modesto edificio si staccarono dalla Pieve di Manerba passando sotto il giuspatronato dell’abate di Leno ed acquisendo il diritto di amministrare i sacramenti. Durante la peste del 1530 la comunità di Portese fece voto di erigere, una volta cessato il flagello, un nuovo altare per il implorare il Signore affinché il morbo non tornasse mai più. Fu così che nel XVI secolo il tempietto fu radicalmente trasformato.

I lavori -come si legge in una lapide collocata sopra la porta principale- ebbero inizio nel 1585, e la chiesa fu consacrata dieci anni dopo, il 4 ottobre 1595, dal vescovo Alberto Valier. Circa tre secoli dopo, nel 1885, il parroco don Valerio Bertazzi, per armonizzare e rendere omogenea la struttura religiosa, si rivolse al più noto architetto bresciano di quel tempo, Antonio Tagliaferri (1835-1909). I lavori di restauro e di trasformazione cominciarono il 24 luglio 1885 e terminarono il 23 novembre 1889. Il 19 settembre 1891 il vescovo di Verona Bartolomeo Bacilieri diede la benedizione al tempio rinnovato.

Gli interventi del Tagliaferri, coadiuvato da valenti artisti, si concentrarono particolarmente nella zona absidale e nel rifacimento della volta, rispettando gli antichi altari laterali; inoltre egli fece togliere le sepolture dall’interno e le fece collocare sul sagrato. Il pavimento fu rifatto con marmo rosa di Torri del Benaco, bianco di Mazzano e nero di Sarnico, mentre la balaustra di forma circolare fu realizzata in marmo di Botticino. Di notevole rilevanza artistica sono i due altari in legno dorato collocati sulla destra rispetto all’entrata: l’uno è dedicato al Crocefisso, racchiuso in una teca di vetro; il secondo presenta una nicchia centrale nella quale è posta la statua di San Giuseppe. Visitando la parrocchiale di Portese, è inoltre opportuno soffermarsi ad ammirare la pala secentesca di Sant’Antonio da Padova con il Bambino Gesù e angioletti; il fonte battesimale in marmo bianco e rosso; l’altare posto sulla sinistra dedicato alla Madonna, la cui statua lignea del XVII secolo è chiusa in una teca di vetro ed incorniciata dai misteri del Rosario. L’altare maggiore, in legno finemente scolpito e dorato, è dominato dalla pala centrale che rappresenta la nascita del Battista, opera dell’insigne pittore Grazio Cossali (1563-1629), eseguita nel 1621.